Più di mezzo milione di abitanti sono espatriati in Colombia in cerca della possibilità di una vita più normale. Sempre più isolato il suo governo

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È sempre più difficile la situazione venezuelana, con l’inflazione ormai fuori controllo – si stima sia intorno al 7 mila per cento – ed in mezzo a una vera e propria crisi umanitaria provocata dalla scarsezza di generi di prima necessità. All’incirca 550 mila venezuelani hanno cercato rifugio in Colombia, provocando a loro volta una nuova emergenza nel vicino Paese. Si teme che nelle prossime settimane, questo numero possa raddoppiare.

Non appaiono vie d’uscita alla crisi politica e istituzionale, col governo del presidente Nicolás Maduro impegnato a mantenersi al potere con ogni mezzo. L’ultimo è stato quello di convocare per il prossimo 22 aprile le elezioni presidenziali, ma praticamente eliminando i maggiori partiti dell’opposizione dalla competizione elettorale grazie a legalismi vari. La Commissione Interamericana dei diritti umani se ne è preoccupata con un terzo dossier sul Paese, nel quale mette in evidenza la rottura dell’ordine democratico e la mancanza di legittimità di queste elezioni che avvengono con un potere giudiziario assolutamente non imparziale e con quello esecutivo che controlla la giustizia elettorale. «Il Pubblico ministero ha declinato il suo mandato costituzionale di servire i cittadini e la democrazia. Pertanto, i cittadini del Venezuela affrontano seri ostacoli per esercitare i loro diritti politici e per partecipare alla vita pubblica. L’uso del potere punitivo per perseguire giuridicamente la protesta pacifica e perseguitare penalmente i dissidenti politici è un altro esempio di questa deviazione del potere», si legge nel documento.

Nel frattempo sono rimasti sterili i tentativi di dialogo tra governo e opposizione condotti dall’ex capo di governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, insieme agli ex presidenti della Repubblica Dominicana, Leonel Fernández, e di Panama, Martín Torrijos, e con l’appoggio della Chiesa cattolica oltre che di vari altri Paesi. I negoziati condotti nella Repubblica Dominicana si sono rivelati, in realtà, l’ennesima strategia di Maduro per guadagnare tempo, con scarsi risultati visibili.

Nella regione la pazienza verso il governo di Caracas ormai scarseggia. Esiste una iniziativa volta ad escludere il Paese caraibico dal prossimo summit delle Americhe, convocato a Lima (Perù) dal 13 al 14 aprile prossimi. Il governo peruviano ha in effetti ritirato l’invito a Maduro, dichiarato persona non grata. Si rischia l’incidente diplomatico, dato che il presidente del Venezuela è deciso egualmente a parteciparvi. Inoltre, una dozzina di Paesi americani denunciano ormai apertamente la rottura democratica avvenuta in Venezuela, regime ormai difeso solamente da Cuba, Bolivia e Nicaragua, da un gruppetto di stati caraibici che dipendono dal petrolio venezuelano, e a denti stretti dai leader dell’Uruguay, che in pubblico difendono la non ingerenza nelle questioni interne, ma in privato ammettono il fallimento del progetto chavista in Venezuela.

Ma il problema più grave è quello umanitario. E pare improbabile che, senza un governo di unità nazionale, possa essere affrontato efficacemente. Ancora una volta la questione torna al tavolo di trattativa per un dialogo tra governo e opposizione da tanto tempo cercato ma mai reale.

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