Il presidente della commissione europea Juncker ha tenuto il suo quarto discorso sullo stato dell’Unione, richiamando la pace quale ragione essenziale dell’esistenza dell’Ue. Il suo intervento, a tratti retorico, non ha affrontato alcuni temi controversi. Ha invece proposto il voto a maggioranza in politica estera e sulle questioni fiscali e la creazione di una forza di frontiera rafforzata. Sulla Brexit ha sottolineato che pur restando partner economico, la Gran Bretagna non potrà più godere degli stessi privilegi che aveva come Stato membro.
Come ogni anno, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha tenuto mercoledì il suo discorso sullo stato dell’Unione di fronte ai membri del Parlamento europeo riunito a Strasburgo.
L’intervento è iniziato con un accenno alla Prima guerra mondiale e alla ragione principale che ha portato alla nascita dell’Unione europea dopo la Seconda guerra mondiale: la pace.
Infatti, Junker considera l’Europa «il guardiano della pace» e ritiene che «dovremmo essere grati di vivere in un continente pacifico, reso possibile dall’Unione europea». Egli, quindi, chiede di mostrare più rispetto per l’UE e di «smetterla di trascinare il suo nome nel fango e iniziare difendere di più il nostro modo di vivere comune».
Juncker, poi, fa subito riferimento alla crisi economica originata negli Stati Uniti nel 2008 ed al fatto che l’UE sta finalmente vivendo una crescita continua negli ultimi anni. Dal 2014 sono stati creati circa 12 milioni di nuovi posti di lavoro e, attualmente, sono circa 239 milioni gli europei che lavorano, nonostante una disoccupazione giovanile al 14,8% sia un valore ancora troppo alto, ma il più basso dal 2000.
Inoltre, Juncker ricorda che l’UE ha stretto finora accordi commerciali con 70 paesi, che coprono il 40% del Prodotto interno lordo (Pil) mondiale, accordi «spesso contestati, ma così ingiustamente» perché hanno permesso di «esportare gli standard elevati dell’Europa sulla sicurezza alimentare, i diritti dei lavoratori, l’ambiente e i diritti dei consumatori ben oltre i nostri confini». Secondo Juncker l’euro è stato un successo, ma il progetto deve essere implementato affinché esso si consolidi quale valuta internazionale e diventi «lo strumento attivo di una nuova Europa più sovrana».
Juncker ha ricordato il ruolo dell’UE nella difesa dell’ambiente a livello mondiale, con il sostegno agli Accordi di Parigi sul clima e con l’impegno, che si sta realizzando, di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2030, per «lasciare un pianeta più sano a coloro che verranno dopo di noi».
Quindi, Juncker fa riferimento alla situazione precaria dei Balcani occidentali e, soprattutto, al conflitto in Siria, dove l’assedio di Idlib dovrebbe spingerci a non «rimanere in silenzio di fronte a questo imminente disastro umanitario, che ora appare quasi inevitabile».
Juncker sostiene che per l’UE sia importante puntare sul multilateralismo, nonostante nel mondo si impongano dazi e siano in atto guerre tra le monete. Nel 2014 sono state avviate una serie di iniziative per realizzare un’Europa della Difesa e la Commissione europea auspica il pieno funzionamento del fondo europeo ed una cooperazione strutturata permanente in materia di difesa, in modo da «diventare più autonomi e all’altezza delle nostre responsabilità globali».
Juncker ritiene che «la sovranità europea nasce dalla sovranità nazionale degli Stati membri e non la sostituisce», mentre «condividere la sovranità quando e dove necessario rende ciascuno dei nostri Stati nazioni più forti». Inoltre, gli Stati membri non dovrebbero più essere in grado di porre il veto sulle questioni di politica estera e, per questo, Juncker propone di estendere il voto a maggioranza su alcune aree.
Ugualmente, sipropone l’estensione del voto a maggioranza su alcune questioni fiscali e di far pagare le tasse alle compagnie multinazionali negli Stati dove queste generano i profitti.
Il presidente della Commissione europea sostiene che «l’Europa deve rimanere un continente aperto e tollerante» e che «l’Europa non diventerà mai una fortezza» che volta le spalle al mondo, in particolare «la parte del mondo che sta soffrendo». Per questo motivo, egli auspica una forza di frontiera europea rafforzata che dovrebbe aiutare gli Stati membri a mettere in atto le regole in materia di immigrazione che, detto per inciso, essi stessi si sono dati.
Del resto, «solo un’Europa forte e unita può proteggere i nostri cittadini dalle minacce interne ed esterne», come il terrorismo e il cambiamento climatico, e «solo un’Europa forte e unita può proteggere i posti di lavoro in un mondo aperto e interconnesso» e «può gestire le sfide della digitalizzazione globale».
Juncker richiama proprio gli sviluppi tecnologici, in primis il sistema satellitare Galileo che, con 26 satelliti in orbita, offre a cittadini ed imprese europee nuove opportunità. L’Europa dovrebbe continuare a stabilire degli standard globali, in particolare sulle nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale.
Un segno di disunità viene invece dalla richiesta della Commissione europea agli Stati membri di disciplinare essi autonomamente l’ora legale nei differenti Paesi.
Juncker ha anche accennato alla necessità di cambiare prospettiva verso l’Africa, che «non ha bisogno di beneficenza, ha bisogno di partnership vere ed eque», una partnership che è negli interessi della stessa UE. Per questo, egli propone una nuova alleanza tra Europa e Africa che porti ad investimenti sostenibili e lavoro, mirando a creare fino a 10 milioni di posti di lavoro nel continente africano nei prossimi 5 anni.
Riguardo alla Brexit, Juncker afferma che «dopo il 29 marzo 2019, il Regno Unito non sarà mai un normale paese terzo», ma sarà sempre «un vicino ed un partner in termini politici, economici e di sicurezza».
Sebbene l’UE «rispetti, ma deplori la decisione del Regno Unito», si chiede al governo britannico di capire che al di fuori dell’UE la Gran Bretagna non può godere degli stessi privilegi che ha al suo interno, mentre l’UE «mostrerà sempre solidarietà all’Irlanda sulla questione dei confini con il Regno Unito».
Juncker fa un appello a respingere il «nazionalismo malsano» e ad abbracciare il «patriottismo illuminato», un patriottismo che nel XXI secolo è duplice: «sia europeo che nazionale, con l’uno che non esclude l’altro». Se «il patriottismo è una virtù», invece «il nazionalismo incontrollato è pieno di veleno e inganno». Per questo, «amare l’Europa, è amare le sue nazioni. Amare la propria nazione è amare l’Europa».
Il discorso sullo stato dell’Unione di Juncker, sebbene sia in alcuno tratti retorico ed eviti di entrare in modo specifico su alcuni fattori critici, richiama elementi che dovremmo tenere sempre a mente.
L’Europa nella quale viviamo, con tutti i suoi difetti, resta il continente più attraente sul pianeta, con uno stile di vita e un livello di benessere senza eguali. Proprio per questo, richiama persone dal resto del mondo, imprese che vendono ed acquistano prodotti e servizi, studenti che si recano nelle nostre università, turisti ansiosi di conoscere le nostre bellezze naturali ed architettoniche, flussi di migranti in cerca di una vita migliore.
L’Europa è l’unico continente nel quale i suoi cittadini possono muoversi liberamente al proprio interno ma, spesso, anche al di fuori, grazie ad accordi con molti Paesi extracomunitari per cui non è necessario il visto. L’Europa è l’unico continente che, tranne per qualche momento o caso isolato, è in pace da decenni. In questo 2018, a 100 anni dalla fine della I Guerra Mondiale, che dissanguò i Paesi europei, sarebbe bene che giovani ed adulti riflettano su tutti i benefici che abbiamo solo grazie ad un’Europa unita e fondata sui diritti umani.
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