di Paolo Balduzzi
Cosa significa costruire una città fraterna quando di mezzo ci sono ingiustizie, acque inquinate e rischi di salute per i figli? Le mamme “No PFAS” raccontano.
Ne basta una di mamma per fare una rivoluzione. Se poi ce ne metti accanto qualcun’altra, magari ferita da un’ingiustizia verso i propri figli, magari impegnata in una lotta per difendere il “cucciolo”, il gioco è fatto!
Erano partite in 6, oggi sono oltre 2.000: sono le “Mamme No Pfas”, un gruppo di genitori che lottano per avere acqua pulita, perché purtroppo una zona molto vasta del Veneto, che interessa 21 comuni delle province di Vicenza, Padova e Verona, in Nord Italia, oggi non ce l’ha.
Tutto inizia poco più di un anno fa: l’Azienda Sanitaria del posto propone di effettuare delle analisi del sangue su base volontaria per la ricerca delle PFAS, che sono sostanze utilizzate nell’industria chimica ma che, se presenti nel sangue e nei tessuti umani, agiscono come interferenti endocrini e possono incidere fortemente nell’insorgenza di tumori e altre patologie. PFAS è l’acronimo di “sostanze perfluoroalchiliche“.
«Non sapevamo allora che queste sostanze chimiche fino ad allora sconosciute a tutti, sarebbero diventate i nostri nemici invisibili» – racconta Anna Maria Panarotto, una delle mamme no pfas.
I valori di riferimento dei PFAS nel sangue, oscillano da 0 a un massimo di 8 nanogrammi per millilitro, ma quasi tutte le analisi a campione evidenziano valori sopra i 100, quindi 100 volte più alto; è come togliere il coperchio da una pentola, che porta alla luce tante verità nascoste da decenni: le sostanze sversate da più di 40 anni, senza pudore, dall’industria chimica della zona, nelle acque e nel terreno, hanno contaminato la seconda falda acquifera più grande d’Europa.
L’allarme parte immediatamente e inizia subito uno screening su tutta la popolazione dai 14 anni ai 65 anni. E gli esiti delle analisi sono lame che colpiscono ogni famiglia.
«Quando una mamma riceve una notizia del genere, che tutti i suoi figli sono contaminati, il suo cuore si preoccupa, si rattrista e insieme si arrabbia».
Le mamme si cercano, si fiutano fuori dalla scuola, dal catechismo, a casa di una o dell’altra per capire cosa stia accadendo, e il tam tam diventa forte quanto il dolore. La maggior responsabile dell’inquinamento da PFAS è l’industria chimica locale, la ditta Miteni, come risulta dagli accertamenti effettuati dal N.O.E. e ARPAV. Alla rabbia ben presto subentra una forte determinazione a fare qualcosa da mamme, da cittadine, per conoscere ed affrontare il problema. Nasce così il gruppo “Mamme no PFAS”, che conta oggi migliaia di mamme, papà, e ragazzi, che lottano per un bene primario negato che è l’acqua pulita, non inquinata, e quindi per la salute.
«Per prima cosa ci siamo messe a studiare tutte le informazioni possibili, anche chiedendo copie di atti ai vari Enti che negli anni avevano effettuato tante verifiche. Dopo aver studiato i documenti, siamo passati a incontrare le Istituzioni, iniziando dai nostri sindaci, per passare ai carabinieri del nucleo operativo ecologico, agli assessori regionali, al presidente della Regione Veneto fino al ministro dell’ambiente a Roma».
Il metodo che le mamme usano è “dialogo”: dialogo con tutti, cittadini, politici, Istituzioni, per trovare una soluzione. C’è il dialogo anche con la Chiesa locale, dalla quale, nella persona del Vescovo arriva un sostegno deciso, ma non solo; da quelle parti, infatti, a Schiavon, è nato il Segretario di Stato della Santa Sede, il Cardinale Parolin, che comunica al gruppo la partecipazione e l’incoraggiamento del Papa per la battaglia. «Il Papa ci ha incoraggiati a proseguire con pazienza e perseveranza nel cercare le vie buone per la risoluzione del problema e ci ha assicurato la sua vicinanza e la sua preghiera alla Madonna del Monte Berico, patrona della nostra diocesi, affinché ci sia dato il dono della Sapienza e della fortezza».
Forti anche di questo sostegno gli incontri che seguono sono schietti e alla pari: «Eravamo preparate e sapevamo cosa chiedere: ci siamo messi a fianco della politica come sponde per aiutare a restare nel problema».
Il tentativo è quello di mettere intorno a uno stesso tavolo le varie Istituzioni per trovare un percorso di risoluzione, senza smettere di far sentire la propria voce. Si organizza una grande manifestazione nell’ottobre 2017, con una partecipazione di oltre 10.000 persone.
Cinquanta sindaci, due presidenti di Provincia, rappresentanti della Regione, tutte le organizzazioni ambientaliste nazionali, i comitati e le associazioni locali, le scuole e tantissimi cittadini riempiono le strade di Lonigo, uno dei comuni più coinvolti: «La nostra richiesta di acqua pulita a seguito di questa mobilitazione ha avuto come risultato l’installazione, da parte dei gestori degli impianti, di una serie di filtri in grado di fermare temporaneamente i PFAS, mentre la Regione Veneto ha deliberato sui limiti di PFAS nelle acque stabilendo valori di riferimento più bassi».
È un lavoro di diplomazia e di mediazione che porta all’incontro tra l’assessore regionale all’ambiente, il direttore generale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, una senatrice, una deputata, il ministro con i suoi funzionari del Ministero dell’ambiente e un gruppo di mamme “No PFAS”. È il 6 Febbraio 2018.
Un tavolo di lavoro che sblocca alcune situazioni e permette di fare alcuni passi avanti. Il percorso è ancora in salita, ma qualche risultato è già visibile: queste meravigliose mamme, infatti, stanno dimostrando come siano costruttrici attive della città, come conoscano bene, ad esempio, i problemi della sanità attraverso i figli e gli anziani che assistono, i problemi della scuola, la difficoltà dell’andamento del mercato, lo stato ambientale e strutturale della città… una madre, se vive coscientemente il suo ruolo politico, può diventare un riferimento reale, capace di autentiche proposte innovative.
«Costruire la città fraterna vuol dire anche assumersi le ferite che ci sono e affrontarle» – conclude Anna Maria – «Per fare questo percorso i cittadini hanno bisogno della politica per risolvere i problemi e la politica ha bisogno dei cittadini per rimanere nella concretezza. Cittadini e politica insieme possono risolvere i problemi».
Già pubblicato in www.unitedworldproject.org
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