1. perché la loro voce può inserirsi costruttivamente nel dibattito sul futuro dell’Unione Europea dopo Nizza, ed in particolare nel contesto della ripartizione delle funzioni e delle responsabilità tra i diversi livelli di governo in Europa.
  2. Perché ad essi spetta un posto non secondario nella nuova visione della “governance”, cioè di una più efficace elaborazione e gestione delle politiche comunitarie.
  3. Perché i Comuni dell’Unione e quelli dei Paesi dell’adesione possono rappresentare la “prima linea” per affrontare con coraggio, apertura, senso di responsabilità e spirito di fraternità i problemi che inevitabilmente sorgeranno nel processo di allargamento verso est e verso sud.
  4. Infine, perché i Comuni costituiscono un momento imprescindibile di maturazione del nuovo progetto di Europa, che consenta non solo di consolidare l’Unione degli Stati e dei Governi, ma soprattutto di fare passi avanti verso l’unità dei cittadini e dei popoli. In questo contesto si inserisce anche il ruolo «costruttivo» delle realtà locali nel contesto della globalizzazione, come espressione di un radicamento sul territorio che però rimane aperto alle esigenze ed alle necessità delle regioni più povere del pianeta. I comuni europei, d’altra parte, sono già in molti casi attori di iniziative di «cooperazione decentrata» con i Paesi in via di sviluppo, attuata secondo diverse modalità e ricorrendo a diverse risorse disponibili.