“Mille città per l’Europa”
Romano Prodi – Presidente della Commissione Europea
alla Conferenza dei sindaci europei
“La ricchezza delle diversità. La forza dell’Unione”
Eccellenze,
Signore e signori,
È un piacere e un onore per me essere con voi oggi.
Sono grato per questa prima occasione di parlare con i sindaci di tutta Europa del futuro dell’Unione e del vostro ruolo sempre più importante nel progetto europeoOggi vorrei affrontare tre aspetti del futuro dell’Unione, che pur essendo distinti sono strettamente legati fra loro:
L’allargamento dell’UE e la politica di vicinato;
La nuova governance europea;
Il dibattito sul futuro dell’Europa che sfocerà in un nuovo Trattato per l’Unione.
Vorrei iniziare con l’allargamento.
L’Unione si sta preparando ad accogliere nel tempo una dozzina di nuovi Stati membri.
Non è esagerato dire questo come un progetto ha una portata storica. Per la prima volta nella storia, infatti, tutta l’Europa sarà unita nella libertà e nella democrazia.
Tutti i popoli del continente potranno convivere in un’Europa dove regnano la pace e la sicurezza, dove vengono rispettati i diritti umani e dove vige lo stato di diritto.
L’integrazione europea è, in fondo, la prima “rivoluzione di velluto” del XX secolo, permettendo di superare concezioni e posizioni che avevano caratterizzato secoli di storia europea. Soprattutto, essa permette di superare la rigida identificazione tra cittadinanza, società civile, comunità, nazione e stato. In Europa, si è allo stesso tempo cittadini del proprio comune, della propria regione, del proprio Stato e cittadini dell’Unione. Vi sono funzioni storiche dello Stato che vengono esercitate in maniera del tutto nuova ed originale a livello sovranazionale.
Anche in paesi per lungo tempo centralizzati si sta in parallelo procedendo ad un forte decentramento, per riconoscere le nuove esigenza politiche e le peculiarità. storiche delle comunità regionali e locali.
Nel giro di pochi anni, la nostra Unione abbraccerà oltre 500 milioni di persone. I suoi confini si estenderanno dall’Oceano Atlantico al Mar Nero, dal circolo polare Artico al Mediterraneo.
I negoziati di adesione stanno procedendo bene e seguono le tappe tracciate lo scorso anno. I progressi sono consolidati dal punto di vista politico, instituzionale ed economico. Il più grande disegno di globalizzazione democratica della storia si sta consolidando. Il nostro obiettivo è concludere presto i negoziati con i candidati meglio preparati che potranno così entrare nell’Unione prima delle elezioni per il Parlamento europeo del 2004.
L’allargamento dell’Unione è una missione politica e storica fondamentale e la mia Commissione ha fatto di questo allargamento una priorità assoluta.
L’allargamento deve procedere di pari passo con un’autentica politica di solidarietà verso i nostri nuovi vicini, alcuni dei quali sperano anch’essi di diventare un giorno paesi candidati.
Penso in particolari ai Balcani occidentali. La nostra Unione, infatti, si appresta ad essere veramente un’Unione continentale. Del resto, solo una soluzione europea può risolvere in maniera definitiva e duratura i conflitti e le divisioni che da troppi anni ormai impediscono uno sviluppo politico ed economico armonioso di quei paesi.
Anche qui l’UE sta conducendo una nuova politica di apertura, che punta ad un’integrazione progressiva di questi paesi nell’Unione europea ed insiste sulla cooperazione regionale, sull’esempio fornito dal modello europeo.
In effetti, come ripeto spesso, l’Europa comunitaria ha permesso di superare la convinzione per cui la pace può essere garantita dal cambiamento delle frontiere, dagli spostamenti delle popolazioni. Sono troppe le guerre e i conflitti per poter credere, ancora oggi, che l’identificazione tra Stato e nazione possa garantire pace e prosperità. L’Europa relativizza e supera i confini, favorisce la libera circolazione delle persone e delle idee, il dialogo, lo scambio, il confronto.
Non è la frontiera, ma l’adesione a fondamentali principi comuni che garantisce le diversità e le specificità nazionali, comunitarie, regionali o locali nell’Unione. Un’Unione delle diversità, quindi: un’alleanza di minoranze. In Europa infatti siamo tutti una “minoranza” ed è dalla nostra Unione che possiamo trarre la forza per garantire ai nostri popoli ordine, pace e prosperità e per contribuire al governo degli eventi mondiali.
Nel contesto di questa strategia globale per i Balcani, stiamo offrendo un sostegno concreto anche ai governi locali.
In Albania, ad esempio, l’UE finanzia centinaia di progetti a livello di comunità locale.
In Bosnia Erzegovina, presta la sua opera per migliorare i rapporti fra il governo centrale e i governi locali.
In Croazia, collaboriamo strettamente con i consigli comunali per realizzare il programma di ricostruzione e per facilitare la partecipazione delle minoranze ai processi decisionali che si svolgono a livello locale.
In Serbia abbiamo sostenuto diversi programmi fra i quali Energia per la democrazia e Scuole e città per la democrazia. E non meno importante è l’aiuto bilaterale offerto da altre città di tutta l’Europa.
Infine, nell’ex-Repubblica Iugoslava di Macedonia (ERIM), intendiamo lanciare progetti su piccola scala per migliorare l’autogoverno a livello locale e sviluppare le infrastrutture locali nelle zone che sono state teatro del recente conflitto.
Signore e signori,
Anche voi potete contribuire al successo dell’allargamento .
Mi riferisco soprattutto all’opera di informazione rivolta alla popolazione.
Un allargamento di queste dimensioni, che quasi raddoppierà il numero degli Stati membri, dipende essenzialmente dal sostegno popolare che riuscirà a conquistare.
L’uomo della strada deve capire perché non ha nulla da temere dall’allargamento e che anzi può guardare con fiducia all’avvenire. Dobbiamo dare alla gente gli strumenti per capire che l’allargamento porterà dei vantaggi in termini di occupazione, sviluppo sociale e crescita economica, equilibrio ambientale ma anche in termini di sicurezza.
La sicurezza non la si raggiunge più con un impossibile isolamento ma con una collaborazione sempre più ampia e sempre più forte fra tutti i diversi paesi europei.
A questo fine occorre lanciare un’incisiva campagna di comunicazione che richiederà il vostro impegno fattivo. Voi in quanto rappresentanti delle vostre città, siete nella posizione ideale per far arrivare il messaggio a tutti i cittadini e per mettere l’accento sulle informazioni che rispondono alle loro esigenze specifiche.
L’invito a trovare una collaborazione autentica fra autorità locali e istituzioni europee introduce il secondo argomento di oggi: la governance europea.
Per sostenere l’allargamento, l’Unione dovrà consolidarsi e mettere radici più profonde.
Dobbiamo porci l’obiettivo che tutti i cittadini europei –quelli degli Stati membri attuali e quelli dei paesi candidati – sentano nell’intimo che l’Unione gli appartiene.
L’intimo sentimento che la famiglia europea sta operando per costruire un futuro comune attraverso azioni efficaci e concrete.
L’obiettivo è alla nostra portata, a patto che l’Unione diventi più aperta e democratica e che ascolti le voci che giungono dalla base.
Questa apertura democratica sarà impossibile senza il vostro aiuto.
Voi—che siete i rappresentati locali eletti dai cittadini europei—voi avete il compito di portare l’Europa verso il mondo reale e nella vita di tutti i giorni.
La vostra è una posizione invidiabile che vi consente di fare ‘democrazia di base’; in questo senso avete molto da insegnarci per rafforzare la democrazia regionale e locale in Europa.
Insieme a voi, la Commissione intende fondare un sistema di governance europea nuovo e più aperto.
Infatti, lungi da noi l’idea di accentrare il potere a Bruxelles; ciò che abbiamo in mente è piuttosto un decentramento al livello più basso possibile per stimolare i cittadini a fare fino in fondo la loro parte per l’Europa.
In altri termini, intendiamo far crescere l’Europa partendo dalla base.
Ecco il vero significato di sussidiarietà, che è prima di tutto riconoscimento del ruolo e della dignità di ogni cittadino.
Fra le priorità che ho dato alla mia Commissione all’inizio del mandato c’era la promozione di nuove forme di governance europea per cercare modi diversi di ‘fare l’Europa’, strade alternative più vicine alle aspettative dei cittadini.
Sono convinto che il nostro obiettivo di lungo periodo dev’essere far funzionare l’Europa come una rete che colleghi tutti i livelli di governance.
C’è molto che possiamo fare per migliorare il sistema comunitario già nel breve e medio periodo. Esistono moltissimi strumenti pratici che possiamo usare per fare meglio l’Europa a partire da oggi.
Nel suo Libro bianco sulla governance europea pubblicato lo scorso luglio la Commissione ne ha indicata una gamma.
Le innovazioni che proponiamo si fondano su cinque principi chiave: apertura, partecipazione, reponsabilità, efficacia e coerenza.
Apertura della gestione quotidiana dell’Unione e delle modalità di applicazione delle sue politiche.
Partecipazione di tutte le parti interessate, in modo particolare le organizzazioni della società civile e le autorità regionali e locali.
Un senso di responsabilità più alto in tutte le istituzioni europee, che devono concentrarsi sugli obiettivi di fondo e sulle loro competenze specifiche.
Efficacia e coerenza che devono guidare la stesura e l’attuazione della legislazione europea. Seguendo i criteri di efficacia e coerenza si possono elaborare norme più semplici e più chiare, che sarà più facile applicare correttamente.
La corretta applicazione di questi cinque principi non potrà che facilitare l’applicazione degli altri principi fondamentali del Trattato: la sussidiarietà e la proporzionalità.
Siamo desiderosi di conoscere il vostro pensiero sulle proposte contenute nel Libro bianco. I vostri commenti e suggerimenti sono importantissimi per noi, perché le proposte hanno anche il fine di costruire una salda intesa fra voi, autorità locali e regionali, e noi, istituzioni europee.
Signore e signori,
Il Libro bianco ha come obiettivo il miglioramento della governance a Trattati costanti.
Consentitemi tuttavia di spingere lo sguardo verso orizzonti più lontani, verso il futuro dell’Unione, e cioè verso la revisione del Trattato prevista per il 2004. Passo con questo al terzo e ultimo tema di oggi.
Dopo l’allargamento, l’Unione sarà molto più differenziata dell’attuale Unione a 15.
Dobbiamo pensare perciò alle politiche comuni di cui avremo bisogno, e a una sostanziale redistribuzione delle responsabilità e delle competenze.
Dobbiamo anche procedere alla riforma del nostro sistema decisionale. L’assetto istituzionale attuale è stato concepito per una Comunità composta da sei membri. È già difficile farlo funzionare nell’Unione a 15; quando i membri saranno 27 o più esso sarà completamente ingovernabile.
Per preparare un evento di questa portata, dobbiamo assolutamente adottare un nuovo metodo, più aperto e più democratico.
Nizza ha rappresentato anche uno spartiacque in quanto ha mostrato chiaramente i limiti del metodo intergovernativo di revisione dei Trattati. Trattative estenuanti a porte chiuse, decisioni prese nel cuore della notte, i capi di Stato e di governo esausti…
Se è tanto difficile trovare un accordo in 15, figuriamoci quando saremo 27!
In un’Europa allargata sarà impossibile andare avanti in questo modo. E’ illusorio sperare di cambiare i Trattati mediante una conferenza intergovernativa. Dobbiamo adottare un metodo migliore.
Per questo motivo la prossima conferenza intergovernativa sarà preceduta da una Convenzione simile a quella che ha preparato la Carta dei diritti fondamentali.
L’organo sarà composto dai rappresentanti dei parlamenti nazionali, del Parlamento europeo, dei governi e della Commissione, mentre i paesi candidati saranno invitati a partecipare come osservatori attivi.
Tutti i lavori saranno pubblici per garantire una vera apertura democratica.
Il Consiglio europeo di Laeken a dicembre deciderà nel dettaglio che forma dare alla Convenzione e ne definirà il mandato; esso formulerà anche una Dichiarazione che, mi auguro, sarà ambiziosa nella visione e negli obiettivi.
Il Consiglio europeo probabilmente deciderà di lanciare la Convenzione molto presto, nelle fasi iniziali del semestre di presidenza spagnolo. Le cose da fare sono tante e non possiamo perdere tempo se vogliamo che la Conferenza intergovernativa concluda i suoi lavori prima delle prossime elezioni europee.
La Convenzione dovrà affrontare alcune questioni chiave emerse durante il vertice di Nizza, compresa, naturalmente, la questione dell’attribuzione delle competenze all’interno dell’Unione Europea.
Ma questo problema, che è di natura prettamente formale, rimanda alle questioni davvero centrali:
A cosa deve servire l’Unione?
Quali sono i nostri obiettivi comuni?
Di quali politiche ha bisogno l’Unione allargata per raggiungere questi obiettivi?
È chiaro che non si tratta di un dibattito accademico su alcune arcane questioni istituzionali: sul tappeto c’è il futuro dell’Unione tutto intero.
I cittadini europei che seguiranno il dibattito si aspetteranno dalla conferenza intergovernativa un Trattato che essi siano in grado di capire.
Un Trattato che stabilisca in modo chiaro che cos’è l’Unione, a cosa serve, quali obiettivi ha e quali valori incarna.
Un Trattato che restituisca il potere alla gente, che innalzi il tasso di democrazia e di buongoverno nell’Unione allargata.
Ma al di là del buongoverno e della revisione del Trattato, troviamo una questione ulteriore, la più fondamentale di tutte: cosa significa essere Europei?
Se l’Unione deve conquistare la fedeltà dei cittadini, deve essere un’unione intellettuale ed emotiva.
L’Europa ha bisogno di un’“anima”; un sentimento diffuso che ci faccia riconoscere in un’identità comune e in un comune destino.
Parliamo molte lingue, abbiamo diverse tradizioni storiche e culturali che dobbiamo proteggere gelosamente. È proprio questa diversità la ricchezza e l’essenza dell’Europa.
Ma è nella ricerca dell’unità nella diversità che troveremo l’anima dell’Europa.
Vorrei dire questo: l’“anima dell’Europa” è la nostra comune eredità di valori spirituali, espressi in modo sublime nelle mille forme culturali che convivono nel nostro continente. E’ da questa diversità che viene la nostra forza.
Vogliamo vivere insieme, insieme stiamo costruendo qualcosa che non ha precedenti nella storia dell’umanità. Ci stiamo unendo in modo pacifico, senza imposizioni, senza accentramenti, nel rispetto delle caratterisitche di tutti i nostri popoli, nella protezione di tutte le nostre minoranze.
Le radici cristiane dell’Europa, la rinconciliazione tra popoli e religioni diverse su cui l’Europa si fonda, il pluralismo, la tolleranza, la solidarietà: sono questi i nostri valori, é da qui che dobbiamo partire per costruire la nostra nuova casa comune. Quella che vogliamo non é una casa protetta da muri e filo spinato. E’ una casa aperta, ove ospitare il dialogo e il confronto civile.
Signore e signori,
La più alta sfida per tutti noi è oggi promuovere e diffondere, in tutte le diverse comunità locali, un senso della nostra eredità fatta di interessi, di valori e aspirazioni comuni.
Possiamo farlo in molti modi, utilizzando canali di ogni tipo fra le città e le regioni dei diversi paesi. Il compito è assolutamente essenziale.
I cittadini potranno sostenere effettivamente l’Unione ed identificarsi in essa come cittadini europei solo se avranno una visione chiara di ciò che l’Europa significa.
Solo se comprenderà come funziona L’Europa la gente potrà finalmente riporre fiducia nel sistema comunitario e fare la sua parte in esso.
Solo se sarà chiaro chi fa cosa all’interno del sistema, il cittadino potrà chiamare i veri responsabili a rendere conto delle loro decisioni.
E la gente ha il diritto di sapere. L’Unione europea, da Bruxelles fino alle autorità locali, deve essere responsabile.
Costruiamo quindi insieme questa Unione intellettuale ed emotiva, questa comunità umana fondata su un comune senso di identità, destino e cittadinanza.
È chiaro adesso a cosa serve L’Europa: l’Europa serve ai suoi cittadini. Il suo futuro deve essere saldamente nelle loro mani.
Grazie.
Scrivi un commento