La pace, oggi, è più fondata sulla paura che sull’amicizia; è più difesa dal terrore di armi micidiali che dalla mutua alleanza e fiducia fra i popoli! E se la pace fosse, Dio non voglia, domani interrotta, la rovina dell’intera umanità è possibile.

Come possiamo celebrare un Natale sereno con tale minaccia sospesa sulle sorti del mondo?

Perciò il Nostro augurio si fa stringente preghiera a tutti gli uomini di buona volontà, sì, a tutti gli uomini responsabili nel campo della cultura e della politica di porsi come fondamentale il problema della pace.

Della pace vera, non di quella esaltata da un’ipocrita propaganda per addormentare l’avversario e nascondere la propria preparazione bellica; non di quella imbelle e retorica, che rifugge dalle indispensabili, pazienti, estenuanti, ma solo efficaci trattative;

non di quella fondata soltanto sul precario equilibrio di interessi economici contrastanti, o sul sogno di orgogliose egemonie.

Della pace vera, diciamo, che fonda la sua sicurezza nella saggia abolizione, nella temperanza almeno delle cause da cui può essere compromessa, come l’orgoglio nazionalistico o ideologico, la corsa agli armamenti, la sfiducia nei metodi e negli organismi istituiti per rendere ordinata e fraterna la convivenza tra i popoli.

Pace, pace nella verità, nella giustizia, nella libertà e nell’amore, Noi auguriamo!

(Paolo VI, Radiomessaggio di pace e di unità a tutti i popoli, 23.12.1963)