Alcuni gironi fa, il New York Times non è stato tenero con Donald Trump, affermando che il presidente (e la sua amministrazione) dava un’altra dimostrazione di non sapere «che pesci prendere» con la Corea del Nord, e che gli Usa sapevano solo muovere portaerei e minacciare guerre, in definitiva mancavano di una vera strategia diplomatica. Parole dure del quotidiano della Grande Mela. Dopo mesi col fiato sospeso, in Asia e nel mondo intero, con il lancio da parte della Corea del Nord di missili a media gittata (secondo gli esperti russi e cinesi), missili intercontinentali capaci di colpire addirittura qualsiasi città negli Usa (per le forze alleate). Se non bastasse, una bomba H è esplosa sotto terra nel poligono nucleare nordcoreano. Una situazione da incubo di guerra nucleare alle porte, o quasi.
Tutto ciò ha costretto la scesa in campo delle migliori diplomazie delle super potenze, Cina e Russia in primis, che per nessuna ragione vogliono un conflitto armato alle loro porte (entrambi confinano con la Corea del Nord). Si è così giunti alla distensione di questi ultimi giorni tra le due Coree, che ha visto delegazioni dei due Paesi riunirsi e atleti del Nord e del Sud gareggiare insieme, in un unico team.
Cosa è realmente successo? Intanto le interminabili esercitazioni militari congiunte tra Sud Corea e forze statunitensi, che erano il maggiore ostacolo a una qualsiasi intesa tra le due Coree, o almeno anche per un tiepido inizio di intesa, sono state temporaneamente sospese, su domanda della Corea del Nord subito accettata da quella del Sud. Tali manovre militari stanno andando avanti da ben due anni, praticamente senza interruzione, insospettendo ed innervosendo il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un e tutto il suo apparato militare. Anche la Cina e la Russia avevano più volte richiesto la cessazione di queste esercitazioni che non facevano altro che esacerbare l’atmosfera già incandescente con la Corea del Nord e precludevano un qualsiasi avvicinamento.
Mon Jae-in, il presidente della Corea del Sud, che aveva promesso in campagna elettorale di voler lavorare alla pace col Nord, ha fatto pressione sugli alleati a tal punto che le esercitazioni sono state davvero sospese. Ed i colloqui segreti tra le due Coree sono ricominciati sia per la partecipazione ai giochi olimpici invernali, ma anche per “qualcosa in più”. L’attrazione più grande, che ha fatto il giro del mondo e che ha letteralmente rubato l’attenzione dei mass media, è stata la partecipazione all’apertura dei giochi olimpici della sorella del capo supremo della Corea del nord, l’affascinante 31enne Kim Yo Jong, che ha recapitato un invito personale al presidente della Corea del Sud a visitare il Nord, al più presto. Invito che non solo non è stato rifiutato, ma in pratica accolto.
Solo dopo alcuni giorni, l’amministrazione statunitense ha affermato che è disposta a colloqui diretti con i dirigenti di Pyongyang sul nucleare. Una risposta, che, secondo esperti e analisti della regione, arriva in ritardo e di riflesso ad una situazione che si è sviluppata in opposizione all’atteggiamento degli Usa e del Giappone, che non vede di buon occhio una vista del presidente della Corea del Sud al collega del Nord. Il Giappone in effetti non ha mai chiesto scusa ufficialmente per i crimini di guerra perpetrati durante il conflitto mondiale con i vicini Stati asiatici: e questa è una spina nei rapporti con entrambi le Coree, con la Cina, ed altri “vicini di casa”. Ma il Giappone, dal punto di vista commerciale, non vede di buon conto una sola Corea, unita e forte: minerebbe la supremazia commerciale del Giappone a livello mondiale.
E gli analisti più accaniti e cinici affermano che il Giappone fa di tutto e farà di tutto per non vedere le due Coree unite. Non dimentichiamo poi che un nemico alle porte, anzi con più nemici alle porte (Corea del Nord e Cina) ci sono ottimi motivi per giustificare le spese militari da capogiro che il Giappone, da decenni, sta mettendo in bilancio; nel 2017 ben 5,1 mila miliardi di yen, cioè 40 miliardi di euro.
Quello che sta avvenendo a Pyongyang, in mezzo alla neve ed ai giochi con atleti da tutto il mondo, non è una favola con un lieto e sorprendente finale. È il risultato di una diplomazia attenta, portata avanti da mesi e mesi col massimo impegno, da tanti Paesi, anche dalle grandi potenze. Il 2018 potrebbe così rappresentare un anno importante per le due Coree, che non vogliano veramente farsi guerra, ma che sono prigioniere di giochi politici e militari che superano i loro confini.
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