di Pasquale Ferrara
Sotto l’emozione e l’orrore per le azioni terroristiche condotte in Tunisia “per conto” dell’Isis, ci si dimentica del fatto che questo Paese dirimpettaio dell’Italia ha faticosamente e tenacemente costruito un nuovo sistema politico e un nuovo quadro costituzionale, ha sottoscritto un nuovo patto fondativo che rappresenta la sua forza e al tempo stesso, probabilmente, anche la ragione per cui è nel mirino degli estremisti violenti. La Primavera araba, iniziata in Tunisia nel 2010, proprio nella Tunisia ha ora l’unico modello funzionante, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori nazionali, incluso l’islamismo politico, nel progetto di un nuovo Paese.
Rachid Ghannouchi, leader del partito di ispirazione islamica Ennahda, non solo ha nettamente condannato l’ultima serie di attentati, ma ha anche affermato senza alcuna ambiguità che l’Isis rappresenta una minaccia per la Tunisia, per l’Islam dialogante e per l’Europa. Non è da sottovalutare inoltre che dalla Tunisia provengono centinaia di giovani che hanno deciso di arruolarsi nelle milizie del Califfato. La transizione alla democrazia avviata in Tunisia non sarà perfetta, come del resto avviene in tutte le fasi di passaggio da un sistema politico-istituzionale a un altro, ma ha mostrato una tenuta che fa ben sperare sul suo consolidamento e sugli sviluppi futuri.
E’ ovvio che l’interesse a far deragliare questo delicato processo è grande da parte di tutti i gruppi che scommettono
invece sul caos e su una logica di guerra di tutti contro tutti. Se l’Europa davvero vuole che la Tunisia abbia successo in questa opera di ricostruzione sociale e politica, allora deve rispettare lo stesso significato del gergo politico che ama usare, come quello di “vicinato”, riferito in particolare al Mediterraneo.
Trovarsi accanto dei vicini è una cosa, sceglierli davvero come amici è un’altra. E’ questa operazione che l’Europa deve compiere con la sponda Sud, in special modo con la Tunisia, uscendo da una logica basata solo su finanza, mobilità e mercato, per entrare in un vero e proprio partenariato, fondato sulla pari dignità e sul reciproco impegno.
Fonte: editoriale Città Nuova n.13/14 2015
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