2. La ricomposizione socio-culturale europea
Nel processo di allargamento dell’Unione Europea si dimentica spesso che l’identità europea è espressa dalle persone e dalle comunità dell’Europa centro-orientale e mediterranea al pari dei cittadini e delle società dei Paesi dell’Europa occidentale.
In questo importante cambiamento non solo delle dimensioni («quantità»), ma soprattutto della dimensione («qualità») dell’Europa, è bene ricordare la frase programmatica di Jean Monnet: «Noi non coalizziamo degli Stati, noi uniamo degli uomini.» A parte le precauzioni economiche, emerge sempre più spesso, nei discorsi sull’ampliamento dell’ Europa, la preoccupazione per l’accresciuta diversità storico-politica e socio-culturale tra gli Stati che si riconoscono già o intendono aderire nel progetto europeo.
C’è la tendenza a collocarsi e a collocare gli «altri» sulla «carta geografica mentale», a fare della «meta-geografia». Il paradosso è che un continente inizia e finisce esattamente dove “pensiamo” che inizi e finisca. Ma la visione dei confini tra le culture cambia perché gli uomini cambiano, si incontrano, talvolta si scontrano, ma sempre interagiscono in modo nuovo, diverso, imprevedibile.
Più che di confini, occorrerebbe parlare di fini. Se l’Europa vuole davvero crescere e non solo allargarsi, deve sapersi ridiscutere. L’ingresso di nuovi membri nell’Unione europea non è un fatto quantitativo, ma qualitativo. Processo e progetto cambiano, senza però snaturarsi, ogni volta che vi è una nuova adesione. Altrimenti non si ha dialogo autentico: il processo si riduce ad un insieme di pandette comportamentali; il progetto diventa semplicemente l’imposizione di decisioni prese in un altro tempo, da altri attori, per un altro contesto.
Se si vuole adottare un atteggiamento realistico e politicamente impegnato nei riguardi della ricomposizione europea, occorre essere consapevoli che nessuna finalità di integrazione può giustificare l’omologazione. Oggi l’Europa si trova a dover cambiare se vuole davvero crescere (e non solo allargarsi); e, inversamente, a dover crescere, cioè a “maturare” in tutte le sue dimensioni per poter davvero cambiare.
Quale può essere il ruolo dei Comuni per un’Europa più consapevole?
I due obiettivi fondamentali che i Comuni ritengono prioritari nella nuova fase sono, da un lato, appoggiare e sostenere le specificità, le diversità culturali, non in quanto elementi disgreganti, di irriducibile diversità, ma come ricchezza propria dell’Europa; dall’altro, fare in modo che ognuno possa scegliere, senza condizionamenti economici, politici, culturali, di vivere e lavorare nella propria terra senza che nessuno si senta «periferico».
Sono queste le due condizioni perché ognuno possa riconoscersi pienamente anche in un patria più grande, possa avvertire, senza cadere né nel particolarismo chiuso né nell’universalismo astratto, due o più appartenenze: quella alla propria realtà locale, quella alla più ampia identità regionale e nazionale, quella alla dimensione europea e mondiale. La «città locale» e la «città mondiale» sono due dimensioni indivisibili e complementari della politicità. In questo senso, è giusto dire che il «locale» è una progettualità universale «situata» nello spazio e nel tempo.
PROPOSTA
Dovrebbe perciò essere naturale per i Comuni riflettere, nella loro programmazione di iniziative culturali, la loro appartenenza ad una dimensione più vasta, nella quale essi possono giocare, come soggetti politici legittimati nel proprio ordine, la loro specifica ed insostituibile identità culturale, in una chiave di dono reciproco e non di sola rivendicazione di autonomia. A questo fine, dovrebbero essere privilegiate le iniziative che sottolineano al contempo il radicamento locale e gli elementi di reciproca influenza con altri contesti ed altre culture. Un possibile campo di impegno potrebbe essere la valorizzazione del ricchissimo patrimonio linguistico-culturale europeo, che spesso trova proprio all’interno dei Comuni un’espressione concreta nella diversa provenienza nazionale dei residenti. In questo contesto, potrebbero essere considerate, come una pista da percorrere, le iniziative assunte nell’ambito dell’ anno europeo delle lingue (2001).
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