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Mi presento, mi chiamo Salvatore Brullo, sono qui innanzitutto come cittadino appassionato, del mio Paese, l’Italia, della sua storia, della sua cultura, di tutto ciò che ha rappresentato e può ancora rappresentare in Europa e nel mondo intero.

Sono qui con una duplice funzione:  in rappresentanza della Rete immigrazione Italia, una rete composta da singoli, famiglie, associazioni ed enti di vario tipo diffusi in modo capillare su tutto il territorio nazionale, che a vario titolo sono interessati al fenomeno immigratorio in Italia e ne fanno esperienza diretta, che lavorano dedicando parte della loro vita nella direzione di una società dove il valore della fraternità universale non sia più un’espressione dimenticata, ma possa rappresentare la normalità dei rapporti quotidiani.

Sono qui anche in rappresentanza di un gruppo di associazioni: Amu, Afn, Fo.co.

Insieme, sulla base delle esperienze maturate nel corso degli anni e a seguito di una attenta analisi della realtà sociale italiana ed europea, abbiamo strutturato un programma nazionale dal titolo: “Fare sistema oltre l’accoglienza”.

Il programma, attivo ormai dal 2016, ha l’ambizione di offrire una visione nuova nella gestione del fenomeno immigratorio in Italia.

Peccheremmo di ipocrisia se non dicessimo di essere seriamente preoccupati della deriva culturale che, negli ultimi anni, sta attraversando il nostro amato Paese, e che negli ultimi mesi ha preso connotati ancora più drammatici; saremmo altrettanto ipocriti se ci trincerassimo dietro falsi buonismi o schierandoci dall’una o dall’altra parte.

Noi non siamo pro o contro l’immigrazione, noi siamo contro tutte le forme di povertà e discriminazione, e a favore di una società che abbia la capacità di rispondere ai bisogni dei suoi componenti e che sia permeata dai valori espressi in primis dalla nostra Carta Costituzionale, e attraversata dalla fraternità come stile di vita.

Siamo ben consapevoli che l’immigrazione rappresenta una criticità sociale che deve essere affrontata, e siamo ben consapevoli che la modalità con cui è stata affrontata fino ad oggi non è la migliore e, anzi, ha spesso prodotto maggiori problematicità, creato divisioni sociali e speculazioni economiche. Ma siamo anche assolutamente certi, e lo siamo sulla base non di teorie sociologiche, ma di esperienze concrete vissute, che non l’immigrazione ha prodotto tali problematicità, ma la modalità con cui è stata gestita fino ad oggi.

In quei territori dove il fenomeno immigratorio è stato gestito avendo una visione globale della società gli effetti sono stati altri, generando autentico bene comune con effetti positivi per tutta la collettività; potrei raccontarvi di cose che, in realtà conoscete già: plessi scolastici che rischiavano la chiusura per mancanza di iscritti e che invece sono rimasti aperti grazie all’iscrizione di bambini immigrati, evitando quindi un notevole disservizio agli abitanti (italiani), che altrimenti sarebbero stati costretti a mandare i propri figli a scuola a decine di chilometri di distanza; aziende al collasso per mancanza di manodopera che grazie all’apporto di manodopera degli immigrati sono riusciti a garantire la produzione e gli impegni presi; procedure burocratiche applicate su esigenze specifiche degli immigrati che hanno tracciato la strada per il riconoscimento degli stessi diritti agli italiani; senza contare tutto l’indotto lavorativo legato oggi all’immigrazione che conta circa 20.000 persone in forza lavoro e quasi tutti giovani.

Il programma “Fare sistema oltre l’accoglienza” si occupa proprio di questo: di inclusione e reintegrazione sociale per persone in condizioni di vulnerabilità, attraverso l’inserimento di giovani e adulti, minorenni e maggiorenni, stranieri ed italiani in contesti socio-lavorativi esistenti sul territorio.

Lo facciamo attraverso una rete nazionale composta da centinaia di soggetti, fatta di famiglie, aziende, associazioni ed anche istituzioni. Ma soprattutto fatta di persone, di attori sociali, che possano interagire, cooperare e facilitare l’inserimento dei più deboli all’interno della nostra società. Nell’idea che l’inclusione sia un’esperienza di reciprocità cui siamo tutti chiamati;

Il programma ad oggi ha coinvolto 111 beneficiari che hanno partecipato alle attività di progetto; 50 aziende che hanno attivato percorsi di formazione e di inserimento lavorativo; 61 contratti attivati tra tirocini formativi e contratti di lavoro; 90 famiglie che partecipano ai percorsi di inclusione; 23 associazioni locali; 40 comunità di accoglienza; 110 operatori di comunità.

Non vogliamo peccare quindi di ipocrisia, siamo consapevoli delle difficoltà, ma anche delle enormi potenzialità.

E mi rivolgo soprattutto a voi, onorevoli parlamentari, che siete stati chiamati a servire questo nostro amato Paese in rappresentanza del popolo italiano: non scatenate una guerra tra poveri, non lasciatevi tentare da posizioni di potere o da contrapposizioni politiche. La politica, come amava dire Chiara Lubich, è l’amore degli amori, è la casa dove i più deboli e gli ultimi possono trovare conforto.

Lasciatevi tentare invece dall’amore per l’umanità, riportando l’Italia ad essere un faro di luce nei confronti dell’Europa e del mondo intero, affinché l’Europa possa ritrovare lo spirito originario che vi hanno impresso i padri fondatori: la terra dei diritti e dell’apertura, non terra di chiusura e di negazione.

Noi ci siamo, contate su di noi, su quella società civile che ama la propria terra e i suoi abitanti.

Insieme possiamo trovare le risposte e i modi perché l’Italia possa ritrovare la sua vera anima, di Paese pioniere nel riconoscimento dei diritti dell’uomo.

Il diritto romano e la Costituzione italiana hanno fatto scuola nel mondo intero. Possiamo continuare a farlo se superiamo le divisioni ed una visione limitata ai particolarismi e guardiamo invece, insieme, all’autentico bene comune di tutta la società.

Interpellateci, mettiamoci al lavoro insieme, per essere in grado di lasciare ai nostri figli una società migliore, che non si autodistrugge, ma crea benessere e bellezza sociale.

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