di Ravindra Chheda

Monito di duecento intellettuali prima delle elezioni. Per evitare che la più grande democrazia al mondo sia vittima di violenze e discriminazioni.
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Girish Karnad, Arundhati Roy, Amitav Ghosh, Nayantara Sahgal e Romila Thapar sono nomi che tutti conoscono in India e non solo. Si tratta di intellettuali indiani di alto profilo culturale e morale, autori di libri, articoli ma anche di scelte coraggiose nel campo, per esempio, della cura dell’ambiente. Sono fra i duecento scrittori ed intellettuali che sono scesi nell’agone politico indiano, ma non per ottenere uno scranno nel nuovo Parlamento che uscirà dalla maratona elettorale che avrà inizio fra poco più di una settimana. Hanno piuttosto fatto una scelta di campo precisa, super partes, invitando i contendenti con cinque parole che non ammettono replica: «Eliminiamo l’odio dalla politica».

Il gruppo ha deciso di intervenire alla luce dei gravi episodi di discriminazione e intolleranza nei confronti di coloro che esprimono opinioni critiche, o semplicemente “differenti” rispetto alla narrativa dominata dal partito nazionalista indù. «Tutti noi – si afferma nel documento – vogliamo un cambiamento. Non vogliamo che pensatori razionali, scrittori e attivisti vengano pedinati o assassinati». L’appello degli scrittori è apparso sul sito ufficiale dell’Indian Writers’ Forum ed stato diffuso sulle pagine social. I firmatari affermano con chiarezza che «il nostro Paese è a un bivio. La nostra Costituzione garantisce a tutti i suoi cittadini uguali diritti, libertà di mangiare, pregare e vivere come essi vogliono, libertà di espressione e diritto al dissenso». Si mostrano preoccupati a causa di quanto accaduto negli ultimi anni: «Abbiamo visto cittadini linciati, aggrediti o discriminati per la loro appartenenza comunitaria, casta, genere o regione di provenienza. La politica dell’odio viene usata per dividere il Paese, generare paura ed escludere un numero sempre maggiore di persone dal diritto a vivere da cittadini a pieno titolo». In effetti, negli ultimi anni e, soprattutto, negli ultimi tempi, sono cresciuti gli episodi di aggressione nei confronti di giornalisti, alcuni dei quali sono stati uccisi a causa di inchieste “scomode”. Inoltre, sempre negli ultimi giorni, si sono verificate aggressioni nei confronti delle minoranze cristiana e musulmana, con dissacrazione dei luoghi di culto da parte di fanatici indù.

Manifestazioni in Kolkata, India.
Manifestazioni in Kolkata, India.

Il contenuto dell’appello è condiviso anche, sebbene indipendentemente, da una figura importante dell’ambiente cattolico, mons. Thomas Menaparampil, arcivescovo emerito di Guwahati, nel Nord-Est del Paese, che in una recente intervista rilasciata ad AsiaNews ha affermato che le prossime elezioni sono, probabilmente, le più importanti dell’India moderna. «La gente vuole fatti, non promesse», afferma mons. Menaparambili, uomo di alto profilo, non solo religioso e in ambito cattolico. Per l’India di oggi e i suoi abitanti è necessaria «onestà nella vita pubblica per combattere la corruzione». Mons. Menaparampil afferma che «l’attuale regime vuole guadagnarsi la stima esibendo la forza militare e vantandosi per le conquiste scientifiche».

C’è qui un chiaro riferimento ai fatti avvenuti al confine con il Pakistan negli scorsi mesi, chiaramente provocati per dimostrare la forza militare e garantire un’agenda di sicurezza ai cittadini. Dall’indipendenza in poi, infatti, i partiti di governo di fronte ad una crisi politica hanno sempre giocato la carta della minaccia del Pakistan e del terrorismo. L’India in questi giorni ha anche testato un nuovo tipo di missile balistico. La mente delle persone pensanti nell’immenso Paese asiatico sono tempestate di domande cruciali: «La democrazia sopravvivrà? La Costituzione verrà rispettata alla lettera e nello spirito? Sarà confermato un governo partitico che ha scarso rispetto per le minoranze e i settori deboli della popolazione?».

Sempre in ambito cattolico, ha rappresentato un passo importante la pubblicazione di un documento da parte dei vescovi del Nord-Est della più grande democrazia del mondo. In esso si definiscono delle linee guida in sette punti per la scelta di buoni leader. L’appello sottolinea la necessità di votare per un governo che «promuova l’onestà nella vita pubblica e l’eliminazione della corruzione a tutti i livelli; lavori per creare condizioni economiche migliori per i poveri e gli emarginati; assicuri un ambiente di vita sano e protetto per tutti, compresi donne e bambini; si prenda cura dei dalit, cioè dei fuoricasta; sostenga l’armonia tra le religioni; protegga l’ambiente». La Chiesa cattolica non si identifica con nessun partito politico, ma è molto preoccupata per le difficoltà vissute dai settori più poveri della società. «L’invito all’onestà nella vita pubblica deriva dal fatto che sempre più spesso i partiti tendono ad accaparrarsi la lealtà degli elettori attraverso l’uso del denaro». L’arcivescovo Menaparampil, poi, riferisce che, nonostante la preoccupazione per le elezioni, nutre grande «fiducia nella saggezza innata degli elettori indiani che hanno fatto cadere i governi più potenti. I valori costituzionali non sono formulati solo sulla carta, ma sono nel sangue nella società che gli ha dato la luce. Abbiamo fiducia nella coscienza collettiva dell’elettorato».

Narendra Modi
Narendra Modi

La preoccupazione riguardo alle prossime elezioni si esprime in India anche sulla stampa, in particolare quella che tradizionalmente è riuscita a mantenersi indipendente e capace di riflettere sulla reale situazione della vita politica del Paese. A questo proposito significativo un provocante editoriale del quotidiano inglese di Kolkata, The Telegraph, che in questi giorni è apparso con una analisi severa dello stile di Surendra Modi, attuale primo ministro, che non perde occasione per apparire sui media che in tutto il Paese ne trasmettono movimenti e interventi fino alla nausea. Tutti, anche i suoi detrattori, riconoscono a Modi una grande capacità carismatica, ma anche l’assenza di un qualsiasi tipo di autocritica o di accettazione di critiche, soprattutto all’interno del suo gabinetto e del Bharatya Janata Party (Bjp). In questi anni Modi, dal giorno alla notte, ha ritirato tutte le banconote da 500 e 1000 Rupie, gettando nella disperazione poveri e risparmiatori, ha acquistato armamenti sofisticati ed ha preso ogni sorta di decisioni, spesso senza consultarsi non solo con i suoi colleghi partito ma persino coi i suoi ministri. Molti sono convinti che sia stato al potere per cinque anni conducendo una costante campagna elettorale a scapito di una vera politica di governo. Infine, nei quadri amministrativi, persone di valore e senso democratico sono state sostituite regolarmente con coloro che sono vicini alla sua politica. Si comprende, quindi, la preoccupazione di intellettuali, uomini di cultura e di religione appartenenti ad altre comunità religiose.

FONTE: CITTÀ NUOVA