In questi ultimi giorni, i media non fanno altro che parlare delle due Coree e dello storico incontro del 27 Aprile al 38° parallelo: un giorno che ormai è passato alla storia con una pagina piena di speranza. Avremo una sola Corea in un prossimo futuro? Per il momento, dal 5 maggio i due Paesi ritorneranno ad avere gli orologi puntati alla stessa ora e questo è già un passo in avanti. Ed entro maggio, il poligono montagnoso nucleare sotterraneo di Punggye-ri sarà completamente smantellato. E le agenzie asiatiche parlano già di un invito ufficiale da parte di Kim Jog-un ad esperti militari americani perché visitino il sito per verificare l’irreversibilità di tale smantellamento. La Corea del Nord ha deciso, da tempo ormai, di percorrere un’altra strada che non sia quella di un arsenale nucleare per scongiurare un attacco alleato. Una mossa emersa mesi fa, a cui hanno collaborato le diplomazie della regione. Un passo diplomatico, militare ed economico ben ponderato.
«Siamo un solo popolo», ha affermato ufficialmente Kim Jong-un durante l’incontro con Moon Jae in. E questo lo si sa, i coreani lo sanno e lo vogliono da sempre. Il Giappone, il grande oppositore di quest’accordo, seguendo i commenti di molti analisti della regione, non è ancora convinto della sincerità dell’atteggiamento di Pyongyang. Una sola Corea unita, da un punto di vista commerciale, fa davvero paura al Giappone, non dimentichiamolo, soprattutto dopo il boom della Corea del Sud in questo inizio millennio. Ma non fa paura a Cina e Russia, che desiderano la pace al confine con la Corea del Nord, ed hanno tutto l’interesse, economico e diplomatico, per la pace.
Trump, da parte sua, come afferma anche il Financial Times, vuole affrettare i tempi ed ha affermato, secondo il New York Times, che il luogo e la data dell’incontro è già stato fissato e che sarà un passo in avanti per la pace del mondo intero.
In sordina, senza che la stampa europea ne abbia parlato, si è verificato un altro importante incontro a Wuhan, la città cinese favorita per le vacanze di Mao Zedong, tra il primo ministro indiano Modi ed il presidente cinese Xi Jinping: un incontro che arriva dopo un periodo difficile tra i due Paesi in relazione ai 73 giorni di confronto tra le forze armate indiane e cinesi nella città di Dokalam, un territorio conteso tra Cina e India, e anche dal Bhutan. L’incontro a Wuhan ha segnato una distensione tra Cina e India e l’inizio di un nuovo dialogo tra i due giganti, anzi, tra le due super potenze economiche e militari asiatiche. Lo scopo di quest’incontro era di continuare a condividere opinioni e programmi di sviluppo nella regione, dove le due nazioni stanno muovendosi investendo e cooperando senza troppo clamore, ma ad un ritmo e con risultati impressionanti. Modi, dal canto suo, ha invitato Xi Jinping a un altro incontro informale, stavolta in India, da tenersi l’anno prossimo. I due giganti hanno, entro i loro confini, il 40% della popolazione mondiale, con 2,6 miliardi di cittadini, ed il 50% dell’economia mondiale. Modi ha visitato la Cina già quattro volte, dal 2014, anno della sua elezione. Ma quest’incontro arriva all’indomani dell’atteggiamento protezionista degli Usa e s’inserisce nella scia degli accordi tra Cina e Russia in campo energetico, con il gas naturale liquido, e in quello agricolo (la Russia è il più grande produttore di grano non geneticamente modificato al mondo). Sembra che Cina e India stiano suggerendo alla comunità internazionale come la soluzione alla guerra commerciale iniziata dagli Usa sia una sola: cooperazione. E se Russia, Cina e India si avvicinano giorno dopo giorno a livello commerciale, diplomatico ed energetico, la svolta protezionista trumpiana rischia di naufragare.
Scarica l’articolo in pdf
Scrivi un commento