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Disastro umanitario in Bosnia, azione politica e rete di solidarietà

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Disastro umanitario in Bosnia, azione politica e rete di solidarietà

di Carlo Cefaloni
per Città Nuova

Non si risolve il grave problema delle persone lasciate al gelo ai confini dell’Ue. La testimonianza del corrispondente della Rai Nico Piro, l’impegno di alcuni parlamentari europei e quello del Mppu internazionale. Attiva una rete di solidarietà in Italia.

 

«Una landa desolata, esposta al gelo e inospitale anche per i lupi»; così, nell’intervista audio, Nico Piro, inviato della Rai per il Tg3, ci racconta quello che ha visto nel cantone della Bosnia, posto a ridosso della Croazia, dove un migliaio di esseri umani sono intrappolati da giorni senza un luogo riscaldato dove rifugiarsi. Sfuggiti al controllo turco, pagato dall’Unione europea, non riescono ad attraversare il confine verso l’area Ue, i cui vertici finanziano il governo della Bosnia Erzegovina per la gestione di luoghi di contenimento.

Molti di quei pochi che arrivano comunque in Italia, nel territorio di Trieste, vengono accompagnati alla frontiera slovena. Da qui sono trasferiti, di nuovo, nell’altopiano bosniaco, di fronte al quale si ergere il muro della polizia croata, i cui metodi brutali sono stati denunciati  da Avvenire (serie di articoli di Nello Scavo sulla “rotta della vergogna”).

Un’informazione davvero libera non ha “governi amici” da trattare come il male minore. Ma è difficile superare la rimozione collettiva verso quel confine orientale che ci riporta alla memoria lo smembramento violento dell’ex Jugoslavia, con le ferite ancora aperte e i nodi irrisolti di una narrazione ufficiale che ancora insiste sull’assenza di conflitti in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Troppo facile riportare scandalizzati le contestazioni di quella parte della popolazione della città di Bihac che si oppone duramente al trasferimento nelle loro vicinanze dei migranti dal campo di Lipa, inadatto e distrutto dalle fiamme.

Avviene come nelle metropoli dove si scaricano le contraddizioni collettive sul disagio delle periferie. L’isola di Lesbo in Grecia, quella di Lampedusa in Sicilia e questo luogo di confine bosniaco fanno comodo a tutti, osserva Nico Piro, aiutano a spostare l’attenzione dalla necessità di operare scelte politiche sui flussi migratori coerenti con quei valori enunciati a fondamento e stabilità dell’Europa. Lo stallo sulla riforma dell’accordo di Dublino  dimostra l’incapacità di operare, finora, quel salto verso la solidarietà e condivisione raggiunto a fatica con la Next Generation Ue davanti all’incalzare della pandemia.

Come è emerso dalla diretta promossa di Città Nuova il 5 gennaio 2021 esiste un’azione politica che cerca di andare oltre gli appelli umanitari per risolvere la questione dell’accoglienza adeguata di chi chiede rifugio perché scappa da Paesi in guerra affrontando i pericoli di una lunga traversata. Grazie alle sollecitazioni di Pietro Bartolo e altri componenti del Parlamento europeo, è fissata a breve una conferenza dei capigruppo sulla questione dei rifugiati e migranti posti ai confini della “Fortezza Europa”.

Dovrebbe partire, anche, una missione di alcuni  parlamentari verso il cantone bosniaco dove al momento, oltre alla Croce Rossa e all’agenzia Oim  (Organizzazione internazionale delle migrazioni), collegata con l’Onu, sono presenti l’ong Ipsia delle Acli e la Caritas.

Ascoltando la testimonianza di Silvia Maraone dell’Ipsia è partita spontaneamente una catena di solidarietà da diverse parti d’Italia con raccolta di denaro, indumenti e ogni necessità verificata con le realtà presenti sul territorio. Sono molte le storie, ad esempio, che arrivano a Città Nuova dalle realtà attive del Movimento dei Focolari come ci testimoniano Maria Nosengo e Nino Marueli dal Piemonte nonché  Giuseppe Consentino e Maddalena Petrillo dalla Toscana.

Esiste e si rafforza, nonostante o proprio a causa della pandemia, un desiderio di dare spazio ad una prossimità concreta, capace di farsi carico della ferita dell’altro, rifiutandosi di restare indifferenti di fronte al dolore senza discriminazione di nazionalità. Ed è quello che anima Dasi Fvg, la rete di associazioni attive sul confine orientale, Trieste in particolare, per prestare soccorso ma anche per protestare in modo deciso e nonviolento, con digiuni a staffetta davanti le sedi istituzionali, contro la prassi del respingimento dei migranti verso il cantone bosniaco.

«Sembrano cose lontane, ma accadono davvero vicino a noi. E parlo di diritti umani negati. Calpestati. Parlo del disastro umanitario in Bosnia», afferma Mario Bruno, presidente a livello internazionale del Movimento politico per l’unità, che ha firmato e sostiene l’istanza di Bartolo e altri politici di portare la questione nella sessione plenaria del Parlamento europeo e così indurre i governi dell’Unione europea ad intervenire non solo per finanziare altri campi di contenimento dei migranti al confine ma per un’ «equa distribuzione  in Europa dei migranti che scappano da Siria, Iraq, Afghanistan. Per una politica migratoria, finalmente degna di questo nome, che non volti lo sguardo altrove»

Facendo riferimento anche all’iniziativa promossa assieme a Città Nuova, Mario Bruno sottolinea la necessità di continuare a denunciare il fatto che «migliaia di persone costrette a vivere in condizioni disumane e a morire, con temperature di troppi gradi sotto zero, vagano tra un campo devastato dolosamente dal fuoco e i gelidi boschi della montagna della Bosnia, al confine con la Croazia e vicinissimi all’Italia. Sono storie di respingimenti e di violenze, a un passo dall’Italia e nel cuore dell’Europa».

È la posizione che da sempre sostiene, con competenza e continuità, Gianfranco Schiavone, del direttivo dell’Asgi, intervenuto al collegamento del 5 gennaio 2020.  Il vero problema in questi casi è, infatti, come ci ha detto Schiavone, la mancanza di continuità, dopo il clamore emozionale che ancora colpisce alcuni, nell’impegno per trovare una soluzione politica secondo giustizia e dignità. Non si può ipotizzare di poter incidere davvero sull’opinione pubblica, e quindi sulle scelte politiche reali, senza una campagna di informazione costante.

L’evidenza dei fatti denunciati, di concorso cioè nella violazione dei diritti umani, rappresenterebbe una motivazione adeguata a giustificare, in Italia, una crisi di governo che si sta dibattendo, invece,  su argomenti e questioni che si prestano a diverse interpretazioni e dietrologie.

Si tratta, quindi, di accrescere i rapporti e le attività in corso offrendo una informazione legata ai fatti e collegata alle reti di altre nazioni (come il Mppu tedesco intervenuto al collegamento del 5 gennaio) per far emergere non solo una catastrofe umanitaria purtroppo nota e rimossa ma l’umanità che resiste e rende ragione del permanere del progetto europeo e della costruzione di un mondo unito che deve affrontare i conflitti e le difficoltà del nostro tempo.

Su Città Nuova daremo notizia di un nuovo collegamento on line per aggiornare sulla situazione in Bosnia, e sui passi fatti in avanti a livello politico nazionale ed europeo.

Saranno i giorni dedicati, nelle chiese, all’unità dei cristiani, e durante i quali si svolgerà, tra l’altro, l’insediamento del nuovo presidente Usa, entrerà in vigore il Trattato internazionale sull’abolizione delle armi nucleari e, forse, si definirà l’esito effettivo della crisi di governo in Italia.

Restiamo collegati

qui un documento Asgi per approfondire sul patto europeo sui migranti e diritto di asilo.

Qui il link per rivedere su youtube il collegamento del 5 gennaio 2021 di Città Nuova sulla Rotta Balcanica

Di |2021-01-15T22:05:22+01:0015 Gennaio, 2021|News IT|0 Commenti

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