Di Michal Siewniak

 

Michal Siewniak, originario della Polonia, in Gran Bretagna con la sua famiglia da 14 anni, è
entrato a far parte del Centro internazionale del Mppu dal settembre 2019; insegnante di
professione, negli ultimi 10 anni ha lavorato come Community Development Manager: in questo
ruolo, ha gestito progetti locali, provinciali e regionali per lo sviluppo e la partecipazione
comunitaria. E’ stato consigliere di Welwyn Hatfield, dove ha fondato anche il Forum della
comunità polacca. E’ fiduciario di varie organizzazioni, tra cui “New Europeans.

Michal Siewniak

Mi ricordo che ho saputo del risultato del referendum sulla permanenza del Regno Unito
nell’Unione europea in una mattinata di sole a Roma, dove stavo partecipando a un congresso di

persone impegnate nella vita pubblica. Sono trascorsi più di 3 anni da quel giorno, eppure ho
ancora presente quella drammatica giornata. E della Brexit non abbiamo ancora smesso di parlare;
anche se il Regno Unito lascerà l’UE molto presto, sembra proprio che il “terremoto politico”
causato continuerà a produrre strascichi a lungo.
Sono polacco, mi trovo nel Regno Unito con la mia famiglia dal 2005 e, dato che non ho la
cittadinanza britannica, gli scenari della Brexit mi coinvolgono direttamente. Quando rifletto sugli
ultimi 3 anni che ho vissuto in Gran Bretagna, devo dire che mi sono trovato molto bene e se,
qualche anno fa, qualcuno mi avesse detto che in questo Paese si sarebbe votato per uscire
dall’Unione Europea, non ci avrei creduto. Cosa è successo da allora? Tre governi, elezioni
generali, l’incapacità di dare attuazione al risultato del referendum, le frustrazioni, la rabbia
all’interno del Parlamento, nei nostri quartieri, in Europa. L’elenco potrebbe continuare. Vogliamo
dire che il voto e il caos attuale sono frutto della democrazia? Sir Winston Churchill, uno dei
politici più influenti del secolo precedente, con grande ironia descrisse la democrazia come “la
peggiore forma di governo, fatta eccezione delle altre forme mano a mano sperimentate”!
E’ stato detto molto sull’impatto negativo della Brexit sull’economia del Regno Unito, sul PIL, sul
lavoro e sul commercio, sulle opportunità che tanti cercano quando oltrepassano la Manica. Una
situazione preoccupante, ma personalmente mi preoccupano molto di più le divisioni, i dibattiti
senza fine e spesso inutili, l’odio che è stato alimentato, tutto ciò che ha contribuito a creare un
clima di grande disillusione.
Oggi siamo stanchi: la Brexit ha dominato le nostre giornate così a lungo… Ricostruire la fiducia
reciproca di cui abbiamo bisogno ogni giorno, quella fiducia che è stata ferita in profondità
durante questa campagna, potrebbe richiedere molto tempo. Sembra che abbiamo
completamente perso la capacità di ascoltarci, di sostenere un dibattito adeguato e maturo su
questioni che ci riguardano tutti: globalizzazione, migrazioni, rifugiati.
Ne risentirà la forza del Regno Unito di promuovere e organizzare una società moderna e
lungimirante, che assicuri l’uguaglianza a tutti? Anche se posso comprendere alcune ragioni che
hanno spinto tanti a votare “Leave”, mi pare soprattutto un passo indietro, come se la Gran
Bretagna liberale, che ha saputo costruire integrazione e dare spazio al pluralismo, abbia scelto
ora un nuovo isolamento, soprattutto in questa fase in cui si sente parlare di una “Hard Brexit”.
Mi è difficile accettare che tanti elettori britannici abbiano scelto di allontanarsi da un progetto
che nel complesso ha prodotto molti risultati positivi. Da parte mia ho sempre pensato che
saremmo stati più forti rimanendo insieme. D’altra parte, questo voto storico dice molto… non
possiamo chiudere gli occhi: dove sta andando l’Europa con le sue istituzioni?
E cosa accadrà a molti cittadini dell’UE che hanno fatto della Gran Bretagna la loro casa? Molti di
noi sono qui per una serie di buoni motivi. Ora diventeremo degli “intrusi” a causa della nostra
provenienza, indipendentemente da ciò che portiamo? Tanti hanno già lasciato il Regno Unito e
questa tendenza potrebbe continuare, soprattutto se non ci sarà un accordo.
Spero che non sia così. In effetti, dopo il referendum, un amico inglese mi ha scritto: “Mi dispiace
per il voto, ma sei sempre il benvenuto nel mio paese. Continuerò a tifare per le tue squadre di
calcio”!
Vivere in Gran Bretagna mi ha dato molto. Circa un anno fa, mia figlia maggiore, con i suoi
compagni di classe è stata invitata a recarsi a scuola per un giorno senza indossare la divisa e, per
esprimere la sua nazionalità, ha deciso di indossare una giacca polacca e una sciarpa croata (mia
moglie infatti viene dalla Croazia). Come era felice di dichiararsi "britannica, polacca, croata e…
molto europea!”. Qui stiamo vivendo un’esperienza che ha ampliato davvero i nostri orizzonti.

Oggi mi chiedo quale sia il mio posto, il mio ruolo. Facendo parte da anni del Mppu, so che tocca a
me continuare ad agire e reagire anche a questi fatti politici drammatici in modo proattivo,
cercando di modificare le percezioni negative, facendo crescere la volontà di cooperare, avviando
processi di dialogo per aumentare la coesione, per promuovere ciò che è buono. E, soprattutto
oggi, so che c’è molto da fare per una democrazia più matura: in particolare nelle nostre
comunità, in collaborazione con tanti attori locali che lavorano per lo stesso fine, possiamo
rafforzare la fiducia dei residenti, in particolare di chi vive in contesti svantaggiati. Proprio là dove
c’è apatia, dove tante famiglie si sentono disconnesse ed escluse, servono percorsi di
apprendimento comunitario, perché la democrazia ci mette nelle mani il presente e il nostro
futuro. Non siamo vittime, ognuno di noi ha un grande contributo da dare.