Una vittoria indiscutibile quella riportata ieri, nelle elezioni di medio termine, dal partito del presidente Maurizio Macri, Cambiemos, che si è affermato a livello nazionale ottenendo il 41,7 % dei voti. Era in palio la metà dei deputati(128) e un terzo dei 72 senatori. La vittoria ha un sapore particolare per la sonora sconfitta dell’acerrima rivale di Macri, l’ex-presidente Cristina Kirchner il cui partito, Frente para la victoria, ha ottenuto un magro risultato, appena il 21,8 %. Cambiemos ha vinto nei principali distretti elettorali: la capitale, Buenos Aires, dove raggiunge il 50%, nelle province di Cordoba, Santa Fé e Mendoza e nell’omonima provincia di Buenos Aires, dove vive un terzo della popolazione argentina.
Qui la stessa Kirchner registra la sconfitta più cocente perchè viene sconfitta nel suo proprio bastione, espugnato ancora una volta da Cambiemos con una differenza di 4 punti. Egualmente è avvenuto anche in varie altre province fino a poco fa in mano ad alleati della ex-presidente.
Sebbene non si producano enormi squilibri, i gruppi parlamentari di Macri, sia alla Camera che al Senato, si trasformano nella prima forza di minoranza, con l’incremento di una ventina di deputati e una decina di senatori. Sono ancora lontani dall’ottenere una maggioranza propria, ma certamente il risultato di ieri tinge di giallo, il colore di Cambiemos, il resto del Paese, ottenendo la vittoria anche in province tradizionalmente peroniste. Dal lato della sua avversaria diretta, il futuro è piuttosto plumbeo. Il suo partito non è sceso in campo con le forze peroniste e sono varie le scissioni provocate dall’idea di prendere le distanze da lei e dalla sua gestione.
La vittoria di questa domenica elettorale è senz’altro una spinta al governo di Maurizio Macri, beneficiato dalla polarizzazione esistente tra la sua gestione e la figura di Cristina Kirchner, invischiata in una rete di processi che stanno mettendo alle corde sia lei che i suoi ex collaboratori e ministri. Si spiega anche così il risultato di domenica, pur in presenza di una gestione di governo, quella di Macri, ben lontana dal migliorare sostanzialmente l’economia nazionale: è cresciuta la disoccupazione, non si riesce a frenare energicamente l’inflazione, attestata intorno al 20%, la ripresa stenta ed il numero dei poveri cresce.
Ma certamente è risultata evidente l’intenzione degli elettori di non dare nuovo ossigeno alla proposta della Kirchner, come già segnalato, che ha avvolto la sua battaglia elettorale con un tono epico e drammatico, pretendendo di presentare la presidenza di Macri come una specie di dittatura.
Un altro fattore importante è la quantità di scandali scoppiati attorno alla ex presidente, che arrivano fino ai suoi conti in banca personali: i suoi beni e quelli dei suoi figli, la cui entità è difficile da stimare e spiegare, sono in gran parte sotto blocco da parte del tribunale, perché si teme il riciclaggio di denaro sporco. Sono inoltre agli arresti il suo contabile, Lázaro Báez, un ex impiegato di banca trasformato in pochi anni in milionario, accusato di essere socio in affari dei Kirchner e con varie attività dove si sospetta si ricicli denaro sporco e tre ex sottosegretari e vari ex dirigenti ministeriali della gestione Kirchner.Anche questi accusati di manovre fraudolente.
Questa settimana è poi probabile che segnerà anche la caduta del potentissimo ex ministro della Pianificazione federale, Julio de Vido, ex braccio destro dei Kirchner, per il quale la magistratura ha chiesto una autorizzazione a procedere – è in effetti deputato – e gli arresti per due cause relative a gigantesche distrazioni di fondi pubblici che non si sa dove siano andati a finire. In Parlamento pare ci siano i voti per autorizzarne l’arresto.
La stessa Cristina de Kirchner dovrà rispondere alle domande del giudice che la sta processando per un misterioso trattato con l’Iran, che avrebbe coperto la partecipazione del Paese degli ayatollah all’attentato alla Amia, un’istituzione ebraica, commesso nel 1994 e che provocò 85 morti.
Inizia dunque una settimana intensa e delicata per il futuro di questa leader politica, per la quale è forse iniziato il tramonto, anche se otterrà il suo seggio in Senato. Per l’Argentina resta da superare il durissimo clima di scontro politico, quello che spesso, dietro i fumi ideologici, nasconde i limiti di gestioni che non riescono a mettere a fuoco i veri problemi del Paese.
Macri assicura stabilità e continuità istituzionale, ma sulla base di una diagnosi sociale erronea, di un governo di tecnocrati con un occhio sempre attento ai sondaggi di opinione e votati a un neoliberismo che sta penalizzando i settori più deboli del Paese. La sua vittoria pare proprio la preferenza della gente per un clima meno conflittuale. Ma resta da dimostrare che sia la soluzione a problemi da lungo tempo irrisolti.
Fonte: www.cittanuova.it
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