Immigrazione
La soluzione non è militare né Occidentale
13-06-2016 di Elena Cardinali
fonte: Città Nuova editrice
La fuga dalle guerre in Medio Oriente e sulla sponda sud del Mediterraneo, migliaia i morti in mare, l’assenza di una vera politica comune europea in materia. Le risposte di Emma Bonino nell’intervista di Raffaella Cosentino pubblicata nel dossier Immigrazione, edito da Città Nuova
Raffaella Cosentino: Nel Mediterraneo nel 2015 sono morte oltre 3500 persone, di cui 700 bambini. È il bilancio di una guerra?
Emma Bonino: Sulla sponda sud del Mediterraneo è in corso una guerra interna al mondo islamico, alla quale si aggancia lo scontro fra Stati Uniti e Russia. Non è più solo il conflitto storico fra sunniti e sciiti. La novità è una lotta senza quartiere all’interno del mondo sunnita per l’egemonia economica e culturale che si contendono potenze regionali come Turchia, Qatar, Iran e Arabia Saudita. Le monarchie del Golfo danno sostegno a milizie terroriste, cioè ad Al Qaeda negli anni Novanta e oggi a Daesh per portare avanti il loro wahabismo. In questo marasma si sono trovati coinvolti milioni di esseri umani. Ovviamente la gente scappa dalle guerre. Né ci voleva la sfera di cristallo per capire che quattro milioni di rifugiati siriani bloccati in Giordania, Libano e Turchia non sarebbero rimasti fermi lì, una volta persa la speranza di tornare a casa loro.
Raffaella Cosentino: Siriani, afgani e iracheni che fuggono da aree di conflitto costituiscono l’80% del milione di rifugiati arrivato in Europa nel 2015. C’è qualcosa che non è stato fatto per risolvere quelle crisi?
Emma Bonino: Ci sono anche nostre responsabilità, ma in verità non abbiamo più le chiavi delle soluzioni. Il mondo è globalizzato e sono nate potenze regionali forti, cui non possiamo imporre soluzioni calate dall’alto. Potremmo bombardare l’intera Siria, ma chi ci mettiamo dopo al potere? In Iraq il problema è stato esattamente questo, abbiamo fatto un disastro. Non basta uccidere qualche dittatore. La Siria è frammentata in tante milizie che sono legate ai Paesi della regione. Lo stesso scontro all’interno della famiglia sunnita sta avvenendo in Libia. La prima illusione è che la soluzione sia militare. La seconda illusione è che la soluzione sia occidentale. Si passa necessariamente da un accordo politico fra i Paesi dell’area. In Libia ora c’è il processo di riconciliazione tra le fazioni dei due parlamenti di Tobruk e Tripoli. Vedremo se avrà sufficiente base di sostegno locale per reggere.
[…]Raffaella Cosentino: I rifugiati devono affidarsi ai trafficanti e vengono decimati dai naufragi. L’Europa potrebbe farli arrivare legalmente. Perché il visto europeo per motivi umanitari, previsto per i casi eccezionali, non è mai stato attuato?
Emma Bonino: Guardando i dati dell’UNCHR rispetto ai quasi 60 milioni di sfollati nel mondo, il milione di rifugiati che ha tentato di venire in Europa è solo la punta dell’iceberg. Se questo milione di persone fosse stato distribuito sui 500 milioni di abitanti che ha l’Unione europea, sarebbe stato ampiamente gestibile, peraltro in un continente in declino demografico. Purtroppo sono intervenuti altri problemi determinati dai nazionalismi e dai populismi che crescono in Europa. La situazione attuale dell’Ue è quella che gli Stati membri hanno voluto, cioè non ha una politica dell’immigrazione comune. Gli Stati la chiesero al vertice di Tampere, in Finlandia, nel 1999, ma poi hanno rifiutato qualunque passo in avanti.
In particolare per l’asilo politico c’è un caos di norme nazionali e l’Italia, che è più esposta di altri per la sua posizione geografica, non ha una legge organica sull’asilo. Al momento regna il caos, tanto che le stesse regole vengono applicate in modo diverso dalle prefetture, mentre gli hotspot non funzionano. Sicuramente prima delle elezioni locali a giugno non se ne parla e siamo a metà strada per la legge sulla cittadinanza che nel 2016 andrà al Senato.
Raffaella Cosentino: A Bruxelles dicono che non è una crisi dei profughi ma una crisi della solidarietà. Lei è d’accordo?
Emma Bonino: Questa è una crisi della politica. Non amo la parola solidarietà, preferisco parlare di legalità. La convivenza delle persone si fa con le regole, non con i sentimenti. Un immigrato non può fare ricorso in tribunale contro un’espulsione in base alla solidarietà venuta meno, mentre può appellarsi alla Convenzione di Ginevra del 1951 e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Per questo il concetto generico di solidarietà non mi soddisfa, è un termine abusato e legalmente poco utilizzabile.
Da Immigrazione di Raffaella Cosentino (Città Nuova, 2016), pp. 92, € 8,00