Il Paese ha fatto, ad abundantiam, la propria parte. Ora tocca all’Europa. Ma per chiederlo autorevolmente, occorre che l’Italia abbia un governo nel pieno delle sue funzioni.
Un anno di governo Monti, con l’adozione di straordinarie misure di rigore, la cui efficacia è stata riconosciuta, pubblicamente, dalle istituzioni europee. Ma adesso occorre che da Bruxelles, oltre alle gratificazioni di carattere formale – che possono far piacere, ma che non danno da mangiare – giungano nei confronti del nostro Paese anche segnali di caratura sostanziale.
L’Italia ha fatto la sua parte, portando a termine un risanamento strutturale di enorme portata, che sono costate ai suoi cittadini immani sacrifici. Adesso é il turno dell’Europa. Occorre spingere con forza affinché anche l’UE si assuma le sue responsabilità di fronte a tutti i cittadini europei.
Primo.L’Europa cominci, ad esempio, con il chiudere la procedura d’infrazione contro il nostro Paese per deficit eccessivo, dando atto all’Italia di aver messo in moto un processo virtuoso che porterà al pareggio di bilancio (con norme cogenti inserite nella Costituzione) con un anno di anticipo rispetto alla scadenza inizialmente prefissata. La Francia, per contro, ha chiesto un anno in più per mettere in ordine i suoi conti: nulla in contrario per questa misura di flessibilità nei confronti della nazione transalpina, ma è equo che vengano applicati criteri di maggiore disponibilità anche nei riguardi del nostro Paese, soprattutto adesso che risulta evidente a tutti la sottovalutazione degli effetti recessivi delle politiche di un riequilibrio dei conti troppo accelerato.
Secondo. C’è fame di lavoro ed il lavoro si crea riattivando l‘investimento pubblico in tutta Europa, distinguendo nettamente tra le spese correnti e le spese di investimento nella valutazione dei bilanci degli stati membri, esentando le spese di investimento dai vincoli del Patto di Stabilità, a cominciare con le spese di cofinanziamento di progetti infrastrutturali europei.
E per rimettere in moto anche l’investimento privato, la Banca Centrale Europea accetti come collaterali, nelle sue operazioni di credito alle banche, i prestiti alle imprese in grado di offrire credenziali di ampia affidabilità (per qualità e garanzie di solvibilità).
Terzo. Le istituzioni europee autorizzino i pagamenti dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni verso le aziende private (valutati 3-4 punti di Pil), non computandoli nel bilancio annuale e non considerandoli più, quindi, come violazione del Patto di Stabilità, ma soltanto come debiti pregressi da far confluire nel debito pubblico. Questa misura avrebbe un effetto immediato per rimettere in moto l’economia e stimolare la crescita.
La politica italiana segna il passo, tutta ripiegata su se stessa, mentre ai vertici di Bruxelles il nostro Paese non dovrebbe mancare di far valere le proprie sacrosante ragioni. Per questo, occorrerebbe presto un governo forte in grado di rappresentarlo al tavolo dell’Europa, autorevole e nel pieno delle proprie funzioni. Ed un Parlamento che ne appoggi responsabilmente l’azione. E’ un auspicio, speriamo non sia solo un sogno.
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